Per il secondo anno di fila, evento per me abbastanza inusuale, mi ritrovo alle 7 di mattina alla partenza di questa 12 ore, sia per singoli che per staffette e, per la prima volta, anche della 6 ore organizzata dall’Atletica Franciacorta, a Provaglio d’Iseo. Il “format” della corsa è molto semplice: per 12 ore bisogna girare lungo lo stesso percorso, che si snoda all’interno del centro del paese e che misura in totale 1.366 m.
Anche quest’anno, la gara è prova unica del Campionato Italiano Fidal e del Campionato Italiano IUTA 12 ore su strada.
L’anno scorso ero arrivata a questa mia prima e per il momento unica 12 ore, avendo miseramente toppato la Lupatotissima a Settembre 2018, senza troppo impegno, dopo aver trascorso un po’ di giorni girovagando per la Toscana e con l’unico scopo di utilizzarla come preparazione per la gara regina e cioè la 100 km di Asolo. Quindi grande stupore quando mi sono resa conto di essere Campionessa Italiana IUTA con circa 88 km percorsi.
Quest’anno, invece, l’Ultrafranciacorta è stata la gara pensata, programmata e preparata per la primavera, con un obiettivo molto chiaro in mente:
ARRIVARE A PERCORRERE 100 KM
Se dicessi che non mi piacerebbe mantenere il ruolo di Campionessa Italiana di categoria sarei una gran bugiarda, ma spero che conquistato il primo possa arrivare anche il secondo.
Quindi preparazione a tutto tondo non solo con i chilometri macinati in questi 4 mesi, ma anche con un occhio di riguardo all’alimentazione, che per me rimane sempre una “bestia nera”, e anche con un’attenta programmazione della corsa, facendo tesoro dell’esperienza dell’anno scorso.
La strategia mi è molto chiara avendola ripetuta fino alla noia: ogni 2 ore cambio passo in modo da rallentare in maniera costante, circa 15 secondi ogni 2 ore, ma non esagerata. Ormai ho capito che fisico e testa gestiscono meglio questo modo di affrontare le ultra e che alla fine ottengo risultati migliori rispetto al classico parti lenta e poi accelera utilizzato normalmente dai runner.
Sono pronta anche per l’alimentazione:
- partendo dall’ora e mezza, ogni ora, sbocconcello un pezzetto di patata continuando a correre. Mi concedo solo 3 “sgarri” con banana e parmigiano per il gusto di sentire un sapore diverso.
- allo scoccare dell’ora, invece, bevo un pò di soluzione a base di glucosio che fornisce energia immediata.
Non è la strategia migliore per risparmiare tempo, perchè continuo ad entrare ed uscire dalla zona ristoro, ma è quella più efficace per distrarre la testa dal continuo girare sullo stesso percorso. Effettivamente funziona: la mezz’ora di corsa sembra passare più rapidamente e non vado mai in calo di zuccheri, evento per me raro in queste competizioni così lunghe.
Dopo qualche ora mi rendo conto che il mio modo di correre, che prevede un minimo piegamento delle gambe, può essere utile dal punto di vista del risparmio energetico, ma fa si che le ginocchia facciano male e diano la sensazione di essere sul punto di bloccarsi. Per alleviare il disagio comincio, ad ogni giro, a fare qualche centinaio di metri con una corsa a skip basso, che al momento fa un male cane, le articolazioni non ne vogliono sapere di muoversi, ma, col tempo, rende più sciolto il movimento delle gambe.
Alla settima ora sono STUFA!
Tutto diventa fastidioso: i dolorini che sono sempre in agguato, lo stesso identico giro che ogni tanto mi dà la sensazione di sbandare come se fossi ubriaca, le stesse identiche cose da mangiare e da bere. Non sopporto nemmeno più di vedere il cielo perennemente plumbeo! Questa è l’ora buia; quella dei brutti pensieri, del non riuscirò mai, del perchè faccio queste cose, del non va bene niente. Ma è anche una fase di transizione, che è giusto che ci sia, in cui la testa si prende i suoi tempi per “sbarellare” ed esprimere tutto il suo disaccordo per quello che la sto costringendo a fare. Perchè in effetti si pensa sempre alla fatica che il fisico deve sopportare in questo tipo di competizione, ma raramente si dà la giusta importanza alla mente che, continuamente, deve trovare le motivazioni per non farti arrendere e la forza per spingere avanti un fisico sempre più affaticato. La cosa migliore è aiutarla a non andare in totale corto circuito cercando qualcosa che la distragga:
- ascoltare un pò di musica: ma l’idea di infilarmi gli auricolari nelle orecchie mi dà noia “Si però Pierita che rompi balle che sei!” Mi insulto da sola e mi viene da ridere; questo è un buon segnale di ripresa.
- controllare, al ristoro, che non abbiano finito tutto quello che è presente sul banchetto per celiaci. Motivo per farlo visto che non mangerò niente di quello che c’è? Nessuno! Solo semplice fissazione! Passiamo oltre che è meglio!
- fare il conto dei giri che mi servono per arrivare ai 100 km: come se fossi in grado di farlo a mente; non riuscirei nemmeno se fossi ferma tranquilla alla scrivania figuriamoci adesso! In modo molto approssimativo calcolo 76 giri, per sicurezza li trasformo in 78, così da scoprire, in modo del tutto arbitrario e senza alcun fondamento che di questo passo non ci arriverò mai!
Mentre mi perdo in questi conteggi scatta l’ottava ora e il primo runner, che sta viaggiando stile “razzo missile”, arriva ai 100 km e io decido che è arrivato il momento di alternare alla corsa un paio di centinaia di metri di camminata. Un ‘oretta trascorre in questo modo permettendomi di recuperare energie fisiche e mentali. Di colpo non ho più voglia di camminare, è una sensazione particolare, come se il mio corpo mi chiedesse di correre, senza esagerare, ma di correre. E io lo assecondo, con un passo abbastanza lento perchè la fatica comincia a farsi sentire, ma va bene così, il fatto di non smettere comunque mai di correre è una grandissima soddisfazione che mi dà molta fiducia per le ore che devono arrivare.
Ancora, però, non riesco a capire se riuscirò o meno a farli questi benedetti 100!
Mi rendo conto che questo sta diventando una fissa e non va bene, quindi, mi obbligo a non guardare più lo schermo che riporta i giri fatti, così, almeno, la smetto di fare conteggi paranoici. Mi do il contentino permettendomi di allungare l’occhio solo al momento dei ristori.
Credo che abbia ragione chi dice che i runner non sono completamente a posto con il cervello.
Intanto le ore passano e le mie strategie di sopravvivenza si fanno più raffinate, infatti ho scoperto che se mi “aggancio” ad una persona che corre più o meno al mio stesso passo e le resto vicino riesco ad annullarmi completamente e a farmi “trainare” per un pò di tempo. Il tutto in rigoroso silenzio; in queste dodici ore avrò detto forse 10 parole in tutto, sia mai che perda qualche goccia di energia chiacchierando!
All’ultima sbirciatina leggo sul display 73 giri compiuti; ma è fantastico, significa che ho praticamente quasi un’ora a disposizione per farei 3 giri che mancano, poco più di 4 km, questo significa che
E’ FATTA!
Questa volta i 100 km non me li toglie nessuno.
E con questa consapevolezza la corsa diventa più sciolta e il passo meno pesante; mi sento più leggera, come se mi avessero tolto un peso dalla schiena. Altro passaggio sul traguardo e altra sbirciatina … 102 km e spiccioli esulto e mi faccio i complimenti da sola perchè stavolta me li merito! Sicuramente c’è una componente di fortuna in questa giornata perfetta, però, sono stata brava, per la prima volta ho avuto la costanza e la determinazione per applicare in gara la strategia programmata a tavolino.
Mi rimane il tempo per altri due giri, lenti e sereni, finché le trombe non annunciano la fine della competizione.
Adesso che l’obiettivo principale è raggiunto sono curiosa di vedere se sono riuscita a mantenere il titolo di campionessa italiana di categoria IUTA e … si centrato anche questo obiettivo! Ma non è finita, quest’anno si aggiunge anche il titolo di Campionessa Italiana di Categoria FIDAL! Questo va veramente oltre ogni mia immaginazione! Sono molto più che felice
Sono orgogliosa di me stessa!
A riportarmi con i piedi per terra ci pensano rispettivamente il
primo uomo classificato che ha corso 154 km e la
prima donna che invece di km ne ha percorsi quasi 134
Questi sono atleti strepitosi!