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1000 Emozioni in 100 km

Una 100 km, che oggi si chiama Passatore  e domani avrà un altro nome, ma che sempre rimane un lungo viaggio di ore e emozioni.

Altimetria Passatore

km da 0 a 30 – l’arroganza

Tutti insieme

L’arroganza di chi è alla partenza della sua sesta 100 km, di chi pensa di avere ormai un bagaglio di esperienza tale da sottovalutare questo tipo di percorso, da crederlo più facile di quanto in realtà non sia. Sono partita troppo veloce, per quelli che sono i miei parametri, e nonostante sapessi che fosse un errore non ho rallentato nemmeno nei 10 km continui di salita che portano da Firenze a Vetta le Croci. Sapevo di stare andando oltre le mie possibilità eppure, imperterrita, non ho ridotto l’andatura convinta di avere sufficienti forze ed energie per arrivare fino in cima al Colla che è il punto più alto della competizione.

3 ore per 30 km

S. Lorenzo III

km da 30 a 40  – le lacrime di coccodrillo

Tutta la strafottenza finisce quando, dopo una breve discesa, ricomincia la salita, quella vera. Per un po’ il fisico regge ancora e riesco a correre qualche chilometro, ma quando la pendenza diventa impegnativa la macchina s’inceppa e non mi resta che camminare. Peccato che manchino 10 km al passo! Arranco guardando sconsolata tutti quelli che hanno gestito meglio le loro forze e adesso mi stanno superando. Nonostante abbia fatto bene tutti i compiti sul bere e mangiare mi sento la testa che gira, lo stomaco sottosopra e i piedi che s’incrociano. E io dovrei fare ancora 60 k m in queste condizioni? Ma non se ne parla proprio!

km da 40 a 47,5 – amore e odio

Mando un messaggio sulla chat della mia società dichiarando il mio stato patetico e l’intenzione di ritirarmi una volta arrivata al Colla. In meno di 10 minuti si materializza al mio fianco Daria che, in bicicletta, segue Lisa e Simone al loro primo Passatore. Per 8 km, mentre io a fatica metto un piede davanti all’altro, lei non smette un attimo di parlarmi ed incitarmi. Mi racconta aneddoti della sua vita con descrizioni interminabili, ma sempre simpatiche e divertenti; l’importante è distrarmi dalla situazione. Saluta tutti quelli che incrociamo e a tutti dice quanto questa salita assomigli alla Biella  – Oropa che lei fa da quando è bambina insieme al suo papà. Ogni tanto si allontana un po’ e allora si guarda intorno con la paura che io ne abbia approfittato per fermarmi da qualche parte. La odio perchè mi costringe ad ascoltarla e questo mi impedisce di crogiolarmi nella mia disperazione e nella mia sensazione di stare male. Le voglio bene perchè mi sta impedendo di arrendermi, mi costringe a salire passo dopo passo, incitandomi, dicendomi che non mi posso fermare perchè siamo poche donne, solo 1 ogni 7 uomini continua a ripetermi, e quindi siamo tutte preziose e dobbiamo arrivare tutte quante al traguardo. La ascolto, ma non credo proprio che riuscirò ad accontentarla. Finché non intravedo la solita coda di macchine ferme per fare le ultime centinaia di metri fino al Passo della Colla, ma allora ci siamo riuscite, siamo arrivate su!

km da 47,5 a 48 – fa la cosa giusta

E in questo preciso istante so che non ho nessuna intenzione di arrendermi e di fermarmi, che la mia destinazione è Faenza e null’altro. Probabilmente è un’immagine che può far sorridere, ma dentro di me ho sentito come il ruggito di un leone, un grido di battaglia che ha squarciato la coltre di malessere e fatica che mi aveva schiacciata fino a quel momento. Ricomincio  a correre.

Passaggio III

km da 48,2 a 65 – la determinazione

Arrivata al ristoro decido di non fermarmi a cambiare l’abbigliamento;  se dovesse servire ho tutto il necessario ben stipato nello zainetto. Saluto Daria, mangio tutto quello che posso e riparto di corsa. E’ tutta discesa, ma decido di non strafare e comunque mi do come obiettivo Marradi tra una quindicina di chilometri. Mi dico che posso sempre fermarmi li, ma dentro di me ormai so che non sarà così. Come mi piace correre la notte, mi piacciono il buio, il silenzio ed i colori distorti delle montagne intorno a me. Mi accompagna una pioggerella leggera che mi rinfresca mentre scendo verso la vallata.

km da 65 a 90 – la soddisfazione

Corro e mangio. Mangio e corro. Semplice, forse anche un po’ banale, ma bellissimo. Lucine rosse davanti a me e bianche dietro (molte di più rispetto a 3 anni fa). Mi supera un bus che porta all’arrivo le persone che hanno dovuto ritirarsi; penso che avrei potuto esserci anch’io li sopra. Mentalmente ringrazio ancora Daria, il mio angelo custode in bicicletta. I km sfilano, ma sembrano diventare sempre più lunghi, si fa sentire la fatica e mi chiedo se anche qui, come mi è capitato l’anno scorso alla 100 km di Asolo, all’80° km mi verrà tutto a noia. Oggi no, la crisi l’ho anticipata di un bel po’, adesso ho voglia di godermi ogni passo che faccio.

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km da 90 a 100 – la spinta finale

Arrivo al 90° km in circa 11 ore; quindi nonostante tutto il casino che ho combinato potrei chiudere la gara in 12 ore? Sarebbe fantastico, ma vuol dire spingere sulle gambe per i prossimi 10 km e loro non mi sembrano molto collaborative, tendenzialmente preferirebbero camminare, almeno sulle salite. Per i primi 5 km le assecondo, cammino in salita e corro in discesa, ma negli ultimi 5 si corre, un po’ più lenti, ma si corre. Al 97° km, ormai in Faenza, sghignazzo vedendo il cartello per il centro città e quindi l’arrivo sormontato da un altro con la scritta “cimitero”; veramente di buon augurio! Gli ultimi 2 km piatti e dritti sono infiniti, ma quando vedo a qualche centinaio di metri davanti a me il gonfiabile dell’arrivo accelero

km 100 – lo stupore

e finisco così, “in volata”. Alzo gli occhi verso il display e leggo

Arrivo I

 

quindi ho migliorato il mio tempo di 2 ore rispetto all’altra volta e sono stata comunque  un’ora sotto la mia previsione iniziale.

Mentre mi godo un po’ di riposo

Relax

mi viene spontaneo fare un paio di considerazioni:

Se ho “buttato via” 3 ore per fare i 18 km di salita fino al Colla vuol dire che i rimanenti km li ho corsi ad un buon ritmo (io mi sono detta “ad un gran bel ritmo”)

Questo significa che se avessi saputo gestire meglio i primi 50 km avrei potuto portare a casa un risultato migliore (perchè l’importante è essere sempre soddisfatti di se stessi!).

Diploma e medaglia

Ultrafranciacorta 2019

Per il secondo anno di fila, evento per me abbastanza inusuale, mi ritrovo alle 7 di mattina alla partenza di questa 12 ore, sia per singoli che per staffette e, per la prima volta, anche della 6 ore organizzata dall’Atletica Franciacorta, a Provaglio d’Iseo. Il “format” della corsa è molto semplice: per 12 ore bisogna girare lungo lo stesso percorso, che si snoda all’interno del centro del paese e che misura in totale 1.366 m.

Percorso

Anche quest’anno, la gara è prova unica del Campionato Italiano Fidal e del Campionato Italiano IUTA 12 ore su strada.

Ritiro pettorale

Ritiro del pettorale

L’anno scorso ero arrivata a questa mia prima e per il momento unica 12 ore, avendo miseramente toppato la Lupatotissima a Settembre 2018, senza troppo impegno, dopo aver trascorso un po’ di giorni girovagando per la Toscana e con l’unico scopo di utilizzarla come preparazione per la gara regina e cioè la 100 km di Asolo. Quindi grande stupore quando mi sono resa conto di essere Campionessa Italiana IUTA con circa 88 km percorsi.

Quest’anno, invece, l’Ultrafranciacorta è stata la gara pensata, programmata e preparata per la primavera, con un obiettivo molto chiaro in mente:

ARRIVARE A PERCORRERE 100 KM

Se dicessi che non mi piacerebbe mantenere il ruolo di Campionessa Italiana di categoria  sarei una gran bugiarda, ma spero che conquistato il primo possa arrivare anche il secondo.

Quindi preparazione a tutto tondo non solo con i chilometri macinati in questi 4 mesi, ma anche con un occhio di riguardo all’alimentazione, che per me rimane sempre una “bestia nera”, e anche con un’attenta programmazione della corsa, facendo tesoro dell’esperienza dell’anno scorso.

Durante la gara

Credit Roberto Corrioni

La strategia mi è molto chiara avendola ripetuta fino alla noia: ogni 2 ore cambio passo in modo da rallentare in maniera costante, circa 15 secondi ogni 2 ore, ma non esagerata. Ormai ho capito che fisico e testa gestiscono meglio questo modo di affrontare le ultra e che alla fine ottengo risultati migliori rispetto al classico parti lenta e poi accelera utilizzato normalmente dai runner.

ProgrammazioneII

Sono pronta anche per l’alimentazione:

  • partendo dall’ora e mezza, ogni ora,  sbocconcello un pezzetto di patata  continuando a correre. Mi concedo solo 3 “sgarri” con banana e parmigiano per il  gusto di sentire un sapore diverso.
  • allo scoccare dell’ora, invece, bevo un pò di soluzione a base di glucosio che fornisce energia immediata.

Non è la strategia migliore per risparmiare tempo, perchè continuo ad entrare ed uscire dalla zona ristoro, ma è quella più efficace per distrarre la testa dal continuo girare sullo stesso percorso. Effettivamente funziona: la mezz’ora di corsa sembra passare più rapidamente e non vado mai in calo di zuccheri, evento per me raro in queste competizioni così lunghe.

Dopo qualche ora mi rendo conto che il mio modo di correre, che prevede un minimo piegamento delle gambe, può essere utile dal punto di vista del risparmio energetico, ma fa si che le ginocchia facciano male e diano la sensazione di essere sul punto di bloccarsi. Per alleviare il disagio comincio, ad ogni giro, a fare qualche centinaio di metri con una corsa a skip basso, che al momento fa un male cane, le articolazioni non ne vogliono sapere di muoversi, ma, col tempo, rende più sciolto il movimento delle gambe.

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Credit Roberto Corrioni

 

Alla settima ora sono STUFA!

Tutto diventa fastidioso: i dolorini che sono sempre in agguato, lo stesso identico giro che ogni tanto mi dà la sensazione di sbandare come se fossi ubriaca, le stesse identiche cose da mangiare e da bere. Non sopporto nemmeno più di vedere il cielo perennemente plumbeo! Questa è l’ora buia; quella dei brutti pensieri, del non riuscirò mai, del perchè faccio queste cose, del non va bene niente. Ma è anche una fase di transizione, che è giusto che ci sia, in cui la testa si prende i suoi tempi per “sbarellare” ed esprimere tutto il suo disaccordo per quello che la sto costringendo a fare. Perchè in effetti si pensa sempre alla fatica che il fisico deve sopportare in questo tipo di competizione, ma raramente si dà la giusta importanza alla mente che, continuamente, deve trovare le motivazioni per non farti arrendere e la forza per spingere avanti un fisico sempre più affaticato. La cosa migliore è aiutarla a non andare in totale corto circuito cercando qualcosa che la distragga:

  1. ascoltare un pò di musica: ma l’idea di infilarmi gli auricolari nelle orecchie mi dà noia “Si però Pierita che rompi balle che sei!” Mi insulto da sola e mi viene da ridere; questo è un buon segnale di ripresa.
  2. controllare, al ristoro, che non abbiano finito tutto quello che è presente sul banchetto per celiaci. Motivo per farlo visto che non mangerò niente di quello che c’è? Nessuno! Solo semplice fissazione! Passiamo oltre che è meglio!
  3.  fare il conto dei giri che mi servono per arrivare ai 100 km: come se fossi in grado di farlo a mente; non riuscirei nemmeno se fossi ferma tranquilla alla scrivania figuriamoci adesso! In modo molto approssimativo calcolo 76 giri, per sicurezza li trasformo in 78, così da scoprire, in modo del tutto arbitrario e senza alcun fondamento che di questo passo non ci arriverò mai!

Mentre mi perdo in questi conteggi scatta l’ottava ora e il primo runner, che sta viaggiando stile “razzo missile”, arriva ai 100 km  e io decido che è arrivato il momento di alternare alla corsa un paio di centinaia di metri di camminata. Un ‘oretta trascorre in questo modo permettendomi di recuperare energie fisiche e mentali. Di colpo non ho più voglia di camminare, è una sensazione particolare, come se il mio corpo mi chiedesse di correre, senza esagerare, ma di correre. E io lo assecondo, con un passo abbastanza lento perchè la fatica comincia a farsi sentire, ma va bene così, il fatto di non smettere comunque mai di correre è una grandissima soddisfazione che mi dà molta fiducia per le ore che devono arrivare.

Ancora, però, non riesco a capire se riuscirò o meno a farli questi benedetti 100!

Mi rendo conto che questo sta diventando una fissa e non va bene, quindi, mi obbligo a non guardare più lo schermo che riporta i giri fatti, così, almeno, la smetto di fare conteggi paranoici. Mi do il contentino permettendomi di allungare l’occhio solo al momento dei ristori.

Credo che abbia ragione chi dice che i runner non sono completamente a posto con il cervello.

Intanto le ore passano e le mie strategie di sopravvivenza si fanno più raffinate, infatti ho scoperto che se mi “aggancio” ad una persona che corre più o meno al mio stesso passo e le resto vicino riesco ad annullarmi completamente e a farmi “trainare” per un pò di tempo. Il tutto in rigoroso silenzio; in queste dodici ore avrò detto forse 10 parole in tutto, sia mai che perda qualche goccia di energia chiacchierando!

All’ultima sbirciatina leggo sul display 73 giri compiuti; ma è fantastico, significa che ho praticamente quasi un’ora a disposizione per farei 3 giri che mancano, poco più di 4 km, questo significa che

E’ FATTA!

Questa volta i 100 km non me li toglie nessuno.

E con questa consapevolezza la corsa diventa più sciolta e il passo meno pesante; mi sento più leggera, come se mi avessero tolto un peso dalla schiena. Altro passaggio sul traguardo e altra sbirciatina … 102 km e spiccioli esulto e mi faccio i complimenti da sola perchè stavolta me li merito! Sicuramente c’è una componente di fortuna in questa giornata perfetta, però, sono stata brava, per la prima volta ho avuto la costanza e la determinazione per applicare in gara la strategia programmata a tavolino.

Mi rimane il tempo per altri due giri, lenti e sereni, finché le trombe non annunciano la fine della competizione.

Arrivo

Adesso che l’obiettivo principale è raggiunto sono curiosa di vedere se sono riuscita a mantenere il titolo di campionessa italiana di categoria IUTA e … si centrato anche questo obiettivo! Ma non è finita, quest’anno si aggiunge anche il titolo di Campionessa Italiana di Categoria FIDAL! Questo va veramente oltre ogni mia immaginazione! Sono molto più che felice

Sono orgogliosa di me stessa!

 

A riportarmi con i piedi per terra ci pensano rispettivamente il

primo uomo classificato che ha corso 154  km e la

prima donna che invece di km ne ha percorsi quasi 134

Questi sono atleti strepitosi!

Strasimeno … quella lunga …

Perché la Strasimeno, competizione che segue il perimetro del lago Trasimeno, è come una Matriosca della corsa; dalla sprint all’ultra non puoi non trovare la tua gara: 

  • 10 km per chi ama la velocità
  • 21,097 km per cimentarsi con una mezza
  • 34 km per prepararsi ad una futura maratona
  • 42,195 km per chi la maratona la vuole correre subito
  • 58 km per quelli che amano le lunghe distanze

Percorso

Quest’anno, alla partenza a Castiglione del Lago, ci accoglie il clima ideale per correre: un tempo nuvoloso, ma non freddo, esattamente quello che occorre per non uscire cotti a puntino da un tracciato che è tutto esposto al sole.

Scopro con piacere che il percorso è un mix di asfalto e sterrato il quale è molto apprezzato non solo perchè dà sollievo alle articolazioni, ma anche perchè vuol dire che siamo o in prossimità del lago o di campi o di boschetti. L’asfalto mi piace molto meno perchè significa strade provinciali o regionali, comunque trafficate.

 

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Mentalmente tendo a suddividere il percorso in tanti piccoli traguardi da raggiungere; per la mia testa è più semplice pensare di dover correre 5 gare da 10 o 12 km, piuttosto che una intera da 58; oggi, però, è tutto più facile perchè ci hanno pensato gli organizzatori a farlo per me.

I primi 10 km filano via lisci, l’unico problema è tenere sotto controllo le gambe che vorrebbero andare più veloci, ma ho già fatto questo esperimento, il risultato è stato disastroso e ancora brucia, non ho nessuna intenzione di ripetermi. Lascio andare avanti chi ne ha più di me e proseguo ad un passo di 5′,45” che reputo possa essere quello giusto per arrivare alla fine senza essere distrutta. Subito dopo questo primo traguardo la strada sale, per un breve tratto, ma in modo abbastanza netto; riesco comunque a correrlo tutto nonostante siano mesi che non faccio più salite. D’ora in avanti il tracciato presenterà un po’ di sali e scendi, niente di impossibile, se non fosse che, dopo 50 km, il solo superare un sassolino diventa impegnativo.

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Ed eccomi al traguardo della mezza maratona dove tantissime persone concludono la loro gara, mentre io non sono neanche a metà strada. Ormai siamo dalla parte opposta del Trasimeno rispetto alla partenza, però vedo Castiglione del Lago e quindi l’arrivo e non posso fare a meno di pensare che, prima o poi,  ci possa essere la “fregatura” perchè il traguardo sembrava ben più vicino rispetto alla strada ancora da percorrere.

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Al 34° km salutiamo anche quelli che hanno corso il lungo pre-maratona e dal 42° km siamo rimasti pochissimi tanto che faccio lunghi tratti in totale solitudine. La distanza della maratona l’avevo già testata in allenamento, anche se in condizioni un po’ falsate dall’aver corso in città (i semafori e gli stop alle fontanelle per bere aiutano molto in questo senso); vediamo, d’ora in avanti cosa riesco a combinare.

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al 45° km comincia la parte meno bella del percorso, quasi tutta da correre su strade provinciali e regionali, con le auto che sfrecciano al tuo fianco, mentre tu, che cominci ad essere stanco, bordeggi a destra e a sinistra.  Ogni tanto, qualche macchina mi passa un po’ più vicina delle altre facendomi provare la brutta sensazione che potrei essere investita da un momento all’altro. La strada prosegue con una leggera, ma costante salita che mi costringo a correre anche se il fisico chiede, con tutto se stesso, di camminare. Di colpo mi sento stanca, come prosciugata da ogni energia e, come sempre in queste circostanze, si materializza la parola fatidica:

CAMMINA

per un breve attimo penso di ascoltarla, ma poi decido di no. Porca miseria ho la testa per correre le ultra … e allora vediamo di usarla!

Mancano 8 km e li affronto dandomi obiettivi facilmente raggiungibili: una casa che vedo sul crinale, i cipressi in fondo a quel viale tutto dritto, l’insenatura oltre la quale scompare la strada; sempre con un occhio rivolto al borgo antico di Castiglione che da un po’ di tempo torreggia sempre meno in lontananza. Rallento un pochettino, ma spero comunque di arrivare con un passo medio leggermente sotto i 6 minuti al km; sarebbe, comunque, un bel risultato e ben oltre le mie aspettative. Incrocio sempre più persone che camminano e ogni volta, per togliermi dalla testa la voglia di aggregarmi a loro penso a cosa mi ha detto una grandissima ultramaratoneta:

“se inizi a camminare poi non riesci più a smettere”

Ultimi 2 km, finalmente sono sul lungolago, torna la voglia di camminare, ma la scaccio infastidita, poco più di 10 minuti e sarò arrivata, un passo avanti all’altro, testa bassa e si va! Giro a destra, giro a sinistra e il traguardo è davanti a me a qualche centinaio di metri. E, insieme al mio solito pensiero da finisher: “Medaglia, medaglia” tornano anche il sorriso e la soddisfazione del doppio risultato raggiunto: aver concluso un’ultramaratona dopo ben 8 mesi dall’ultima corsa e di averlo fatto con un buon risultato.

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Sono un po’ meno contenta del fatto che non sto bene, appena ferma ha iniziato a girarmi la testa e faccio fatica a stare in piedi; significa che non mi sono alimentata a sufficienza, che ho consumato tutta l’energia a disposizione prosciugando  il fisico oltre le sue possibilità. E’ un segnale d’allarme importante, da non sottovalutare, in vista delle gare future molto più lunghe di questa.

Fortunatamente trovo un po’ di zuccheri assimilabili velocemente (leggi Coca Cola) che mi fanno passare la sensazione di malessere e, non appena il cervello riprende a funzionare scatta la domandina di rito:

“mi sarò piazzata bene nella mia categoria?”

(tutta colpa di un 2018 strepitoso da questo punto di vista)

L’organizzazione della corsa si dimostra impeccabile anche sotto questo punto di vista, infatti, in tempo reale, su uno schermo, ti mostra:

  • tempo impiegato
  • posizione assoluta
  • posizione per genere (F o M)
  • posizione per categoria

Medaglia

Così scopro di essere arrivata 3° di categoria e, tutta orgogliosa, vado a ritirare il mio premio: una forma di pecorino e una bottiglia di vino perchè, come dice sempre mio figlio

“Voi runner siete tutti alcolizzati”

Premio di categoria

Alla fine di questa bella e lunghissima giornata restano sono solo sensazioni positive: per l’organizzazione, il tracciato, il tifo quando si entrava nei paesi, il pacco gara con una maglia ed una giacca anti-vento stupende e, perché no, per come ho saputo gestire la competizione.

Pacco gara

Però due osservazioni mi sento di farle:

  • trovare ai primi ristori solo liquidi e poi come solidi pezzetti di mela e spicchi d’arancia è troppo poco soprattutto se si devono correre 58 km.
  • come ho già detto in precedenza il tratto di strada compreso tra il 45° e il 55° km, tutto su provinciale o regionale, mi è sembrato abbastanza pericoloso, anche perchè privo  di segnaletica che indichi che è in corso una corsa podistica.

Ma ribadisco una gara molto bella che merita di essere corsa, qualunque sia la distanza che si predilige.

Le sette sorelle dell’ultramaratona

Sapete di cosa si tratta? Sono le 7 ultramaratone, sparpagliate in giro per il pianeta (ma due sono in Italia), considerate per distanza, clima, cancelli orari (o un mix di questi) le più difficili al mondo.

E sono così dure da affrontare che fino a qualche giorno fa nessun uomo o donna era mai riuscito a concluderle tutte, questo fino a Gennaio, quando la “Brazil Ultramatathon 135” ha visto tra i suoi finisher un certo Simone Leo, italiano, che per primo può vantarsi di averle corse tutte e, se non bastasse, di averle terminate tutte al primo tentativo.

Ma quali sono queste 7 “bestie nere” dell’ultramaratona?

Per campanilismo partiamo dall’Italia:

NOVE COLLE RUNNING: 202,4 km, 3.840 m di dislivello, 8 cancelli orari e 30 ore per concluderla. La partenza e l’arrivo sono a Cesenatico (FC). Quest’anno si correrà la 22° edizione dal 18 al 19 maggio. I traguardi sono 3: “La Montagna” all’84° km sul colle Barbotto, “La Roccia” al km 160,9 (100 miglia),  “Uomo e/o Donna d’Acciaio” al traguardo dei 202 km. Il punto più difficile è la salita al Barbotto lunga 5,5 km e con una pendenza media del 7%, ma con punte del 18%. I record sono di Daniele Palladino con 13h,52′,55” nel 2013 e di Brenda Guajardo con 20h,21′,15” nel 2016. Questa atleta per ben 2 anni consecutivi (2016 e 2017) è arrivata prima assoluta lasciando dietro di sé anche gli uomini!

 

ULTRA MILANO-SANREMO: 285 km (l’ultra italiana più lunga), 1.200 m di dislivello, 5 cancelli orari e 48 ore per finirla. La gara può essere corsa in solitaria o in staffetta. Il punto di maggiore sofferenza è sicuramente il Passo del Turchino da affrontare la notte. La partenza, a Milano della 3° edizione è prevista il 27 aprile 2019; l’arrivo a Genova.

 

ULTRABALATON: 221 km intorno al lago Balaton in Ungheria. Sono presenti 50 cancelli orari e il tempo massimo è di 32 ore. Quest’anno la competizione si svolgerà tra il 20 e il 22 maggio. L’italiano Ivan Cudin è arrivato primo nel 2014 e terzo nel 2015.

Mappa lago Balaton

SPARTATHLON: 246 km, 3.800 m di dislivello, 75 cancelli orari e 36 ore a disposizione per correre da Atene a Sparta e baciare il piede alla statua del Re Leonida. Prossima partenza 27 Settembre 2019. Il grosso impegno è legato ai tempi di passaggio tra un check-in ed il successivo che sono molto stretti. Ivan Cudin ha battuto tutti nel 2010, 2011 e 2014; mentre il record maschile è di Yannis Kouros nel 1984 con 20h, 25′,00” e quello femminile è di Patrycja Bereznowska, nel 2017, con 24h,48′,18”.

PHILIPPIDES RUN: la Atene – Sparta – Atene. La più lunga di tutte con i suoi 490 km, 14 check-point, tempo massimo a disposizione 104 ore. Praticamente significa fare due volte la Spartathlon! La quinta edizione dovrebbe svolgersi a Novembre 2019.

Mappa Fhilippides run

BRAZIL ULTRAMARATHON 135: 217 km da percorrere in 60 ore. Gara resa durissima dal percorso che prevede praticamene solo salite e discese; pochissimo piano. Viene considerata come la competizione più dura del Brasile in quanto viene corsa sulla parte più impegnativa del Cammino da Fé. Prossima competizione Gennaio 2020.

 

BADWATER ULTRAMARATHON 135: 217 km che partono dai -85 m s.l.m. a Badwater in California ed arrivato a +2530 m all’ingresso del parco del Monte Whitney. Il dislivello è di 4.450 m e 48 ore il tempo limite per concluderla. Le temperature che possono superare i 50°C e le salite lunghe e continue la rendono una gara massacrante. L’anno scorso   Michele Graglia con 28h,41′,57” ha regalato la prima vittoria all’Italia. Prossimo appuntamento 15 luglio 2019.

Mappa Badwater

Chi di voi sarà il prossimo che andrà a prendersi questa targa?

Targa Simone Leo

La 100 km di Asolo

La definiscono come la

100 km più dura d’Europa

sarà per il doppio percorso da 50 e 100 km

Percorso

oppure per i 2.600 m di dislivello positivo, di cui 2.200 nei primi 50 km,  con la bellezza di 5 cancelli orari

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o forse per il 14% di pendenza media con punta del 27% tra il 30° e il 50° km

Altimetria dal 30 al 50 km

 

 

 

a pensarci bene però potrebbero essere  anche i 25 km continui di discesa ammazzagambe, dal 50° al 75° km, che ti fanno rimpiangere i 2.000 m di salite che ti sei appena lasciato alle spalle.

Altimetria

 

 

 

Ne abbiamo di motivi per definirla TOSTA? Sicuramente si!

E, come se non bastasse è anche SUBDOLA perchè a metà Luglio, quando, in partenza, ci sono quasi 40°C ti aspetti di trovare a 1800 m di altitudine (il punto più alto) una temperatura fresca, di certo non sotto i 10°C, con pioggia e vento da inzupparti completamente e farti battere i denti dal freddo come ci è capitato quest’anno.

Passaggio III

Ma principalmente è BELLA, BELLA, BELLA:

E’ bella la possibilità di avere qualcuno che ti assiste lungo il percorso; certo si perde un po’ il fascino dell’avventura in solitaria, ma si guadagna il piacere di vedere, ogni tanto, un sorriso amico e una mano ferma a tenerti il piatto mentre la tua trema talmente tanto da lanciare passato di verdura in tutte le direzioni.

Altro che discinesie Paola 😉

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Ognuna con il proprio “pettorale”

il paesaggio, bello di giorno, di notte cattura completamente lo sguardo mentre dal Monte Grappa si scendono i 27 tornanti che riportano al piano. Una miriade di luci lontane e per ognuna ti puoi immaginare una storia, uno squarcio di vita che allontana il pensiero dal fatto che, comunque il tempo passi e tu continui a scendere quelle benedette luci rimangono sempre LONTANISSIME!

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Il bosco che ti ripara prima dal sole e poi dalla pioggia.

Le gallerie in cui rallenti per goderti il silenzio della “non pioggia” sulla testa.

Lo sciacquettio delle scarpe sulle strade trasformate in torrenti. Probabilmente molti non capiranno, ma più si riescono a superare situazioni avverse, più ci si sente forti (a volte addirittura invincibili) e più si trovano, dentro se stessi le energie per affrontare altre avversità; fino al traguardo finale.

I volontari presenti, anzi super presenti, alle 14,05 come alle 3,30 del mattino; sempre con il sorriso, un gesto carino, una parola per risollevare il morale. Il mio mito indiscusso rimarrà il signore che da dietro la linea dell’arrivo, con la mia medaglia sollevata in aria mi grida: “La vuoi?” E io, dopo 13 ore di vagabondaggio, mi ritrovo ad urlare: “Medaglia! Medaglia! Medaglia!”

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E i ristori, sempre riforniti a tutte le ore.

Ma quanto ho amato quelle fette di anguria a 37°C e il te caldo durante la notte.

 

 

E, in ultimo, il sacrario del Monte Grappa che avrei voluto “sentire” in modo diverso: attraversarlo con calma per poter vivere l’emozione che questi posti sanno suscitare.

Sacrario

Invece sono arrivata fisicamente stremata da 4 ore consecutive di temporale; l’ho “passato” a testa bassa sferzata da pioggia e vento che mi hanno congelata ancora di più di quanto già non fossi, maledicendo quelle condizioni meteo che sembravano non avere mai fine. Unico obiettivo: raggiungere il tendone dove, finalmente, avrei trovato un cambio asciutto che mi avrebbe dato sollievo, almeno per un po’.

Ma mentre annaspavo in quelle poche centinaia di metri che sono state, dal punto di vista mentale, le più impegnative da affrontare in tutta la competizione, ho realizzato che, nonostante fossi solo a metà, la parte più difficile della gara ormai era alle mie spalle. Dal punto di vista fisico il peggio era passato; d’ora in avanti sarebbe toccato alla mente compiere il grosso del lavoro. Questo pensiero è stato uno stimolo e un’iniezione di fiducia  perchè faccio molto più affidamento sulle capacità di resistenza della mia testa che non su quelle del mio fisico.

Ripartendo dalla cima del Monte Grappa mi sono detta: “Niente stupidate! Sotto quel traguardo io ci voglio passare!

E così è stato …

Medaglia